LA CHIESA UDINESE, LE COLLABORAZIONI PASTORALI E LE NOZZE DEL VANGELO

La nostra Chiesa udinese cerca di mettere in piedi una struttura “canonica” che favorisca la sua missione (la evangelizzazione) nelle nostre terre, sia rispondente con le mutate condizioni sociali, culturali ed ecclesiali e sia fedele alla proposta di vita di Gesù Cristo.

La società non ha certo bisogno di una presenza ecclesiale insignificante, ma è attratta da una testimonianza coerente di uno stile di vita fraterno e inclusivo. Il rinnovamento, necessario, delle strutture e delle modalità di partecipazione è finalizzato all’offerta del “vino buono” versato con sorpresa alla fine del banchetto di nozze: l’alleanza tra Dio, lo sposo, e l’umanità, la sposa. Possiamo rileggere il Vangelo di Giovanni (2, 1-12) che presenta l’ingresso e la novità di Gesù nella società ebraica, ossessionata da 613 precetti religiosi.

Chi ha partecipato alle nozze con Gesù, sua Madre, i Discepoli e gli invitati ha assaggiato il vino buono che i servitori del banchetto avevano attinto dalle anfore ricolme d’acqua, simbolo di una religione che non comprendeva più l’allegria della festa = vita. E’ possibile che molti abbiano rifiutato l’invito alle nozze del Figlio (Matteo 22, 1-14) perché presi da impegni individuali o per paura di dover presentarsi con un regalo costoso o la fatica di “apparire” contenti. Può darsi, anche, che la sala del banchetto (la Chiesa, la società, il mondo, …) non sia preparata con gusti moderni e mondani, che non assecondi le mode indotte dagli spettacoli televisivi esibiti compulsivamente, che sia più rivolta al passato e alla tradizione che alla mutata realtà odierna, che abbia un linguaggio eccessivamente specialistico e per iniziati, che il popolo di Dio sia stato educato ad obbedire e dipendere (quindi interiormente dipendente) più che a uscire con coraggio in missione nel proprio ambiente di vita. Ma le analisi dei perché non riescono a darci la energia per il cammino, la gioia della compagnia dei fratelli credenti e l’umiltà del servizio incondizionato ai poveri e pellegrini della vita.

Ogni cambio di organizzazione presuppone un cambio di prospettiva nella lettura della realtà e un chiaro e personale riferimento alla Parola di Dio. Non si cambia se non dopo una “conversione”, una necessità o una grazia personale misteriosa ed efficace. Ce lo possono insegnare i gruppi di persone e famiglie che si ritrovano settimanalmente per sostenersi nella liberazione faticosa dalle dipendenze dalle sostanze, dall’azzardo, dall’internet, dal consumo, … Tutti loro si sentono fragili e bisognosi del sostegno reciproco. Tutti si sentono di ricevere e di donare, di essere ascoltati e di ascoltare.

Anche nel compito della evangelizzazione, che è la finalità della riorganizzazione ecclesiale delle Collaborazioni Pastorali, abbiamo l’opportunità di lavorare assieme alle Comunità ecclesiali della nostra Diocesi. In fondo tutte le Comunità hanno la stessa missione: mettere al mondo e accompagnare figli che si prendano a cuore l’intera umanità come della propria famiglia e non centrati esclusivamente sui propri percorsi individuali.

 

Don Luigi Gloazzo

4 settembre 2018

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