Giocare con la speranza

Articolo di Stefano Mentil, Centro Documentazione Pace e Mondialità

La speranza è elemento essenziale nella vita dell’uomo. La speranza è sempre di qualcosa che viene avvertito come positivo per la propria vita. A volte, in particolari situazioni di fatica e sofferenza, è più facile perdere i riferimenti e la capacità di discernere tra ciò che procura il bene e ciò che invece sottrae energie e risorse e inizia a parassitare l’esistenza. Tra ciò che è speranza e ciò che è, invece, disperazione.

La speranza

Ma la speranza, secondo l’interpretazione antropologica tomista, dev’essere indirizzata verso qualcosa di positivo, per poter essere generativa di un bene per chi l’alimenta. Non si può sperare che il bene, propriamente parlando. Un problema sorge quando si confonde il bene con qualcosa che non lo è, oppure quando non si è più in grado di discernere tra ciò che è bene e ciò che è male. Si può arrivare al punto di allevare dentro se stessi un timore, celato da speranza, al punto da diventarne vittima; si cade nella trappola per cui ciò che riteniamo possa aiutarci per il futuro – una vincita facile – in realtà ci ruba già il presente, divenendo presenza tirannica e dispotica che chiede solo sacrifici e non concede grazie. Che promette possessi facili ed immediati, accordando invece solo una frustrazione che alimenta se stessa. Inoltre, affinché l’oggetto della speranza possa definirsi davvero tale è necessario che sia qualcosa di arduo, raggiungibile con difficoltà. In questo il gioco d’azzardo si distanzia ancora di più da una reale prospettiva di speranza, dal momento che esemplifica la voglia di arricchirsi senza fare sacrifici, la passività della persona. Infine, l’oggetto della speranza, pur essendo qualcosa di arduo, dev’essere raggiungibile: altrimenti parleremmo di disperazione anziché di speranza. In questo la scienza matematica attesta come sia statisticamente più probabile perdere che vincere, per mezzo di formule e dimostrazioni. Tuttavia non sono sufficienti. Quando si innesca il meccanismo della dipendenza, per cui «la presenza interiore stabile è inequivocabilmente quella di un oggetto del desiderio divenuto totalizzante, una presenza opprimente che rende schiavi e che consuma progressivamente la vita, parassitando le relazioni e consegnando la persona ad una condizione sempre più penosa e sofferente» (G. Grandi, Alter-nativi. Prospettive sul dialogo interiore, p. 115).

Le Istituzioni

Scommettere sulla sorte e non sul sacrifico, confondere la speranza con la disperazione, sono atteggiamenti da cui una società matura dovrebbe guardarsi bene. Per il semplice fatto che non le permettono di essere società: l’azzardo, infatti, appare come «una crepa della coesione sociale, perché mina i beni fondamentali previsti dalla Costituzione, come l’integrità della persona e l’utilità sociale su cui si fondano l’attività di impresa economica, la libera iniziativa imprenditoriale, il risparmio che la Repubblica tutela ed incoraggia» (F. Ochetta, La ragnatela del gioco d’azzardo, La Civiltà Cattolica 4059-4060, p. 281). Questi sono i concetti e le esperienze che l’azzardo mette a repentaglio, ovvero beni fondamentali che anziché essere tutelati vengono gettati in condizione di grave incertezza. Maurizio Fiasco parla di simmetria tra il giocatore e lo Stato: «se è “condizionato” il comportamento del giocatore d’azzardo, non si può affermare che le amministrazioni pubbliche, dietro la loro “impersonalità” non versino in uno stato analogo. Aver legato la fiscalità ad una nocività – consumo eccessivo di scommesse et similia – riproduce il paradosso già verificatosi con il tabagismo: la curiosa dipendenza patologica anche da parte dello Stato, […] che si esprime nella ricerca “compulsiva” di nuove entrate per la finanza pubblica». Il giocatore «quando perde denaro, si vuole rifare, e quindi continua a investire somme crescenti. Parimenti immerso nella palude dei debiti, lo Stato è oberato da una sua crisi, nel dispositivo di spese crescenti e di entrate insufficienti. In questo senso anche la pubblica amministrazione scivola nel chasing, nella rincorsa delle perdite: si vuole “rifare” per reperire il denaro necessario a coprire la spesa corrente degli apparati».

I costi sociali quantificabili del gioco d’azzardo (sanitari, legali, di disoccupazione e mancata produttività, per suicidi e rotture familiari), sono ammontati a 2,7 miliardi. Stiamo parlando però del 2014 in base ai dati disponibili, quando la spesa degli italiani nel gioco è stata di 84,3 miliardi di euro e le vincite dei giocatori pari a 67,5 (con un rapporto quindi negativo, perché in media chi ha investito 100 ha guadagnato 80). Lo Stato, secondo il Libro blu 2017 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha guadagnato 8,3 miliardi, la filiera dei gestori 8,5. In prospettiva più recente, si nota come la cifra spesa dai circa 18 milioni di italiani che nel 2017 hanno giocato d’azzardo corrisponde a circa 101.8 miliardi di euro e le vincite dei giocatori pari a 82,9 miliardi, valori entrambi in crescita rispetto agli anni precedenti.

Prospettive

I 18 milioni di italiani che nel 2017 hanno giocato almeno una volta d’azzardo, l’oltre milione e mezzo di giocatori problematici (coloro che faticano a gestire il tempo da dedicare al gioco, a controllare la spesa, alterando inoltre i comportamenti sociali e familiari), gli almeno 700 mila giovani tra i 14 e i 17 anni che hanno giocato d’azzardo, sono un dato di per sé inquietante. Ma che si tinge di toni tra i più foschi quando viene rapportato ai 5 milioni di persone in povertà assoluta che il nostro Paese ha registrato nel 2017.

Da questo raffronto si comprende come il gioco venga interpretato da troppe persone come l’unica soluzione ai propri problemi, quale ingannevole supplenza ad uno Stato sociale che latita, che nell’ingannevole erogazione delle libertà individuali ingabbia se stesso e perciò tutti i propri membri: «appare problematico che vi possa essere un trattamento delle dipendenze che riguardano la singola persona che non sia coerente con il trattamento delle dipendenze quando coinvolgono un Paese intero. È una spirale che è arduo padroneggiare quando un sistema di gioco industriale si sostiene con l’allargamento continuo del numero dei partecipanti al gioco d’azzardo. La premessa “emancipatoria” è il ripristino dei presupposti etico-politici di garanzia dello Stato di diritto» (Maurizio Fiasco).

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