L’attesa nell’iter della domanda di asilo

Tesi di laurea di Floriana Russo

Fare domanda di asilo significa aprire la propria vita ad un periodo di attesa che può durare mesi o anni. L’attesa di chi fa domanda di asilo è particolare perché strutturata da specifiche procedure burocratiche e legali, e gestita dalle politiche di accoglienza.

La gestione dell’attesa dei richiedenti asilo è cambiata da ottobre 2018 in seguito alle normative introdotte dal “Decreto sicurezza”: chi fa domanda di asilo non viene più trattato come un futuro residente, ma come una persona di passaggio. Questo si riflette nel fatto che malgrado si possa rimanere in accoglienza anche per anni, i centri di accoglienza per richiedenti asilo sono pensati per ospitare persone solo temporaneamente. Non sono quindi previsti corsi di italiano, corsi di formazione o progetti per inserire gli utenti nel mondo lavorativo.

Il tempo dei richiedenti asilo non viene visto alla luce di una progettualità, ma è prettamente un momento di attesa: solo dopo che lo status legale sarà assodato avrà senso investire in caso di risposta positiva nel futuro di queste persone. L’accoglienza dei richiedenti asilo è un argomento costantemente presente all’interno del dibattito politico, ed è infatti prima di tutto questo a definire i termini in cui ne parliamo anche nella vita di tutti i giorni. In questo contesto diventa quindi importante avvicinarsi al tema anche attraverso prospettive diverse da quella politica e legale. L’intenzione con cui è stato scritto questo articolo è infatti quella di arricchire il punto di vista di chi vuole conoscere la realtà dell’accoglienza e di chi vuole affrontare il dibattito nel quotidiano proponendo una prospettiva etnografica.

L’articolo è stato scritto da Floriana Russo come parte del suo progetto di tesi della laurea magistrale dell’Università di Copenaghen in “Advanced Migration Studies. Sulla base di 11 interviste e un mese di osservazione di diversi centri di accoglienza gestiti dal Centro Caritas di Udine e presso il servizio mensa, ciò che viene posto in rilievo è l’esperienza vissuta di chi è soggetto alle politiche d’asilo: come viene vissuta l’attesa dai richiedenti asilo? In che modo le politiche dell’attesa influenzano l’esperienza dei richiedenti asilo, e quali altri fattori definiscono la qualità dell’attesa?

L’attesa di chi chiede asilo in Italia

Una prospettiva etnografica

A giugno ho assistito ad un incontro all’Università di Trento di ricercatori che si occupano di studi migratori. L’incontro si è svolto in due giorni in cui dottorandi, professori e esperti provenienti da vari enti di ricerca in Europa e negli Stati Uniti si sono confrontati su diverse tematiche[i]. Ha partecipato anche un photo-reporter che ha sollevato una critica importante a chi fa della ricerca la propria professione: come comunicare i risultati delle proprie ricerche al di fuori del sistema accademico?

Io sono una studentessa dell’Università di Copenaghen, mi sto laureando in un corso di laurea magistrale chiamato “Advanced Migration Studies”. Dopo aver finito di scrivere la tesi di laurea mi sono posta la domanda sollevata dal photo-reporter. La mia tesi tratta la questione dell’accoglienza di richiedenti asilo, un argomento costantemente presente all’interno del dibattito politico: è infatti in primis questo a definire i termini in cui trattiamo e pensiamo l’argomento. Avvicinarsi ad un punto di vista diverso da quello politico può  aprire l’argomento a nuove prospettive. Per questo diventa importante far uscire la ricerca dall’ambito accademico, per definire nuovi punti di partenza per pensare e parlare di un fenomeno. Tramite questo articolo, spero quindi di poter contribuire ad arricchire le prospettive di chi vuole conoscere la realtà dell’accoglienza e di chi vuole affrontare il dibattito nel quotidiano.

L’argomento dell’accoglienza viene trattato nella mia tesi dal punto di vista antropologico, e ciò che voglio porre in rilievo è l’esperienza umana. In particolare, ho studiato come viene vissuto dai richiedenti asilo il periodo di attesa per la fine delle procedure legali. Lo status legale dei richiedenti asilo è infatti fondamentalmente sospeso: da un lato potrebbero essere riconosciuti come rifugiati, e quindi come vittime, dall’altro sono sospettati di approfittarsi del sistema di accoglienza (Collyer & de Haas, 2012). Non ci sono statistiche precise riguardo a quanto tempo in media serva per arrivare alla conclusione delle procedure legali, ma sappiamo che nel 2018, 53 mila persone hanno fatto domanda di asilo, e alla fine dell’anno 130 mila richiedenti asilo erano ospitati all’interno dei centri di accoglienza (ASGI, 2018a; Langastro & Lisciandro, 2019). Non ci sono invece dati su quanti richiedenti asilo vivano al di fuori dell’accoglienza.

L’attesa fa parte della nostra vita di tutti i giorni, ma ciò che la rende particolare per i richiedenti asilo è il fatto che sia indotta dalle procedure burocratiche e che sia gestita politicamente. È possibile aspettare per mesi o per anni, e non c’è un criterio particolare che definisca perché alcuni casi si concludano più in fretta di altri. A livello burocratico quindi l’attesa è caratterizzata dall’incertezza, che riguarda sia il risultato della domanda di asilo, sia il momento in cui arriverà la risposta definitiva. L’ambivalenza dello status legale aperto con la richiesta di asilo spiega perché la gestione del sistema di accoglienza possa cambiare radicalmente in poco tempo. Le nuove normative poste dal Decreto Sicurezza mostrano un chiaro cambiamento nella gestione dell’attesa: prima del decreto sicurezza (ottobre 2018), i richiedenti asilo erano trattati come futuri residenti, quindi l’accoglienza prevedeva corsi di lingua italiana, corsi di formazione per inserire le persone all’interno del mondo del lavoro, e alcuni fondi erano dedicati a progetti di integrazione. Adesso invece l’integrazione è pervista solo per chi ha già ottenuto il riconoscimento di rifugiato, mentre per i richiedenti asilo non solo non ci sono iniziative per l’integrazione, ma questa sembra essere disincentivata. I richiedenti asilo, a prescindere dal fatto che rimangano nel territorio italiano in attesa anche per anni, vengono trattati come persone di passaggio, sicché investire in questo lasso di tempo appare come uno spreco di risorse. Il presupposto che definisce la gestione dei centri di accoglienza è quindi quello della temporaneità, aspetto che viene riflesso nella qualità del servizio indicata dal bando nazionale: per ogni richiedente asilo sono disposte posate di plastica usa e getta, e lenzuola di carta da cambiare ogni tre giorni.

Queste politiche dell’attesa hanno un chiaro effetto sulla vita di chi ne è soggetto: ricerche precedenti hanno mostrato che tenere delle persone in un costante stato di attesa e incertezza colpisce duramente la capacità di investire nel futuro (Griffiths, 2014; Khosravi, 2014). Il mio interesse è rivolto alle effettive esperienze di vita delle persone che sono soggette a questo sistema: come viene vissuta l’attesa dai richiedenti asilo? In che modo le politiche dell’attesa influenzano l’esperienza dei richiedenti asilo, e quali altri fattori definiscono la qualità dell’attesa?

Leggi e scarica il documento completo di

Communication Project – L’attesa di chi richiede asilo in Italia- Floriana Russo

NOTE: [i][i] L’incontro in questione si chiama Homing, Mid-term Symposium, svoltosi il 3 e 4 di giugno, all’Università di Trento, dipartimento di Sociologia e Ricerche sociali. Per ulteriori informazioni: https://homing.soc.unitn.it/2019/01/28/cfp-homing-mid-term-symposium-june-3-4-deadline-march-15/

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