Per astra ad aspera

Articolo di Stefano Mentil, Centro Documentazione Pace e Mondialità

Il recente riuscito “ammartaggio” della sonda Perseverance più che farmi pensare a dove potremmo andare mi ha fatto riflettere sul fatto che questa, come tutte le conquiste spaziali conseguite dopo la fine della guerra fredda, è un risultato di specie. Senza la congiuntura degli sforzi di varie nazioni e dei rispettivi programmi spaziali difficilmente saremmo arrivati laddove siamo arrivati, o quantomeno dove abbiamo fatto arrivare qualcosa di artificiale.

Simile discorso può essere fatto rispetto al vaccino contro il Covid-19. Solo la condivisione di dati, studi, ricerche e sperimentazioni ha permesso di raggiungere un simile risultato in meno di un anno.

L’ingrediente comune a queste due ricette di successo è stata la condivisione, degli scopi, degli obiettivi, dei moventi, positivi o negativi che fossero. La ricerca e la conquista dello spazio è un movente nobile, dall’alto valore scientifico; come pure l’estirpazione di una malattia. Tuttavia c’è una sostanziale differenza tra la curiosità e la paura. Nel primo caso stiamo cercando di espanderci nel Sistema solare, di acquisire nuove conoscenze, di impossessarci di nuovi spazi, con l’obiettivo primario della ricerca; nel secondo facciamo fronte ad una minaccia interna, che ha messo a serio rischio la sopravvivenza di milioni di persone, oltre ad aver posto termine ad altrettanti milioni.

Sono due moventi diversi, ma la soluzione è sempre la medesima: la ricerca scientifica. A questo punto una domanda potrebbe sorgere, più o meno spontaneamente: a che scopo investire tempo e denaro nell’esplorazione spaziale quando la nostra specie, sul nostro pianeta, è minacciata da una pandemia? La risposta è, credo, semplice quanto la domanda: perché i programmi spaziali si stanno facendo carico di una funzione assunta per tre o quattro millenni dalla guerra: stimolo per lo sviluppo di nuove tecnologie e per la ricerca scientifica. Quelli che 40 anni fa erano segreti militari oggi hanno migliorato la vita dell’umanità: migliori sistemi per l’agricoltura, per i trasporti, le previsioni del tempo e le comunicazioni, migliori strumenti sanitari e mezzi di trasporto.

Oltre a ciò, l’esplorazione spaziale può avere delle ricadute immediate su ciascuno anche nel farci vedere il nostro pianeta, metafora della parabola – non solo in senso matematico, ma anche analogico – esistenziale di ciascuno, per quello che è: una bellissima e preziosa isola sospesa nel vuoto, il cui sottile strato di superficie è l’unico posto per noi in cui vivere, circondato dal nulla scuro dello spazio. E da un anno a questa parte abbiamo avuto modo di comprendere che la nostra stessa sopravvivenza non è scontata perché le minacce non mancano, sia a livello individuale che di specie.

Le disuguaglianze non principiano dal nostro tendere insieme lo sguardo verso il Cielo, che è lo stesso per tutti, ma dal reclinare il capo e concentrare lo sguardo alla piccola porzione di Terra su cui poggiamo i piedi.

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