Cari operatori e operatrici, cari volontari e volontarie,
nella Bibbia lo si nomina la prima volta nei libri del Levitico (25, 10) e dei Numeri (36,4). Era una proposta utopica e, purtroppo, sempre rimase tale, per riequilibrare le ingiustizie e le sperequazioni sociali nella società ebraica. L’intento era di ripartire ogni 50 anni nella ricostruzione di una società che si strutturava naturalmente in maniera disuguale. Di fatto i più capaci, i più fortunati, i più scaltri, i più … cercano di costruire una società esclusiva per conto loro e scaricano coloro che non sanno stare al loro passo.
L’inizio dell’anno giubilare veniva segnalato dal suono del corno (= Jobel), i rapporti sociali dovevano ripartire da capo, i debiti condonati, le terre dovevano essere restituite agli antichi proprietari, che le avevano vendute per sopravvivere, i raccolti, cresciuti spontaneamente nelle terre non coltivate, rimanevano a disposizione dei poveri senza terra e dei forestieri ospiti. Insomma, una vera rivoluzione sociale ed economica! Come si può immaginare l’obiettivo così rivoluzionario non fu mai realizzato, solo annunciato e celebrato! Eppure, Gesù, sulla scia dei Profeti, riparte, per iniziare la sua vita pubblica, dall’annuncio del Giubileo, dell’Anno di Grazia. Nella Sinagoga di Nazareth, il suo paese, riprende e attualizza il Profeta Isaia (61, 1-2), e invece di commentare il brano afferma: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Luca 4,16).
Parlare del Giubileo, quindi, vuol dire innestarsi su questa Parola che vuole ricreare non solo la società ebraica, ma l’intera convivenza umana, che ormai ha dimensioni globali e legami universali. La Chiesa, che conserva e propone questo sguardo e impegno universale, quest’anno ci invita a ripartire da queste radici bibliche, per non limitarci al solo compito di annunciare e celebrare. Le informazioni che ci propongono in “overdose” e di cui quotidianamente siamo fruitori passivi ci portano su scenari globali. Questo ci carica di tutti i drammi esibiti compulsivamente. Molti conflitti, perché lontani dai nostri interessi occidentali, non ci vengono proposti dai mezzi di comunicazione e sono deliberatamente “dimenticati”. Si ritengono poco importanti per i Paesi del Nord del Mondo. In ogni caso il peso dell’angoscia, anche se accumulata da informazioni sempre scelte e parziali, è già troppo grande. Basterebbe che sapessimo leggere i fatti che ci vengono mostrati ad arte e prenderli come esempi per leggere e conoscere la realtà ampia e universale dei popoli della terra. Sappiamo “sì poco, ma abbastanza” per capire le logiche dei poteri che hanno una visione globale, ma hanno un impatto nella vita quotidiana di tutti.
Se, però, non possiamo eliminare il male, l’ingiustizia, la violenza, gli interessi di pochi plutocrati che sono più potenti degli Stati e sono in prima fila nelle celebrazioni delle prese di possesso dei governi di turno, possiamo far crescere il Bene che è alla nostra portata. Questo è il senso della proposta di Papa Francesco che ha indetto il Giubileo della Speranza e ha indicato anche le carceri come i santuari verso dove possiamo “pellegrinare”. Il Giubileo ci invita a scoprire il Bene possibile che possiamo far crescere. Le Opere della Misericordia, cuore del Vangelo e della vita cristiana, fanno crescere e rendono visibile la Speranza. Questa è aperta al futuro che non conosciamo e non dominiamo, come chi semina e non vede ancora i frutti del suo lavoro. Il seminatore prima prepara il terreno, cioè l’ambiente dove vive e lavora, poi lo coltiva con la sua capacità umana, professionale e spirituale, poi sa che altri raccoglieranno il frutto del suo impegno, come lui raccoglie dove altri hanno seminato nella Speranza.
La comunione tra le generazioni passate, presenti e future e i popoli della terra nutre la Speranza dei “piccoli” del Vangelo. Sono questi ad alimentare il capitale di amore e di vita che sostiene la storia umana ed ecclesiale. Un giorno Gesù, alzando lo sguardo sui suoi amici, con il cuore pieno di affetto disse: “Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio (Luca 6, 20). Ci sarà ancora una sorpresa alla fine della fatica per la pesca notturna, come ci ha anticipato Giovanni nel suo Vangelo: “Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso ora” (Giovanni 21,9-10).
Il ricordo attualizzato, le celebrazioni, le opere buone e la realizzazione del Giubileo attivano queste risorse profonde nelle persone, nei credenti, nelle comunità seminate in tutta la terra. Le risorse sono i cinque pani offerti dal giovane (Marco 8,19) e da noi oggi. Portiamo anche il pesce preso in mille modi
diversi da noi discepoli nel mare del mondo, come ci fanno vedere i mosaici pavimentali della basilica di Aquileia. Giunti alla riva sarà lui stesso a cuocerlo sulle braci nel mattino di Pasqua.
Don Luigi e l’équipe del Centro Caritas e Casa Betania
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