Via 2 mila migranti. Pure famiglie con bambini.

Articolo di Anna Piuzzi pubblicato il 24 luglio su La Vita Cattolica

Cinque bambine. E i loro genitori. Sono stati portati via nella mattinata di martedì 23 luglio insieme ad altri 150 richiedenti asilo. Destinazione le Marche. Dall’oggi al domani, senza preavviso. E non parliamo di un nucleo appena arrivato, magari alloggiato alla Caserma Cavarzerani. Ma di una famiglia che abitava da tempo ad Enemonzo, inserita nel sistema di accoglienza diffusa, sistema virtuoso, ma che si è voluto ad ogni costo smantellare. Pezzo per pezzo. Una famiglia ben voluta dalla piccola comunità carnica che aveva visto in quelle cinque bimbe una fresca ventata di novità. Chissà, forse anche di speranza.

Pure loro dunque sono rimaste impigliate nelle maglie del piano di trasferimento – dal Friuli Venezia Giulia ad altre regioni – di 2 mila richiedenti asilo disposto dal Ministero dell’Interno e coordinato dalle prefetture. Mercoledì altri 50 migranti partiranno alla volta di Torino, mentre giovedì sarà completata la prima tranche di trasferimenti con lo spostamento di altre cento persone nelle strutture di accoglienza di Milano.

Fortissima la polemica innescata dalla misura che da più parti, dalla Legacoop alla Cgil Fvg, è stata criticata per la mancanza di «obiettivi documentati» e per la carenza di attenzione verso le «situazioni individuali» delle persone.

«Ci lasciano perplessi i modi e le ragioni – commenta Paolo Zenarolla, vicedirettore della Caritas diocesana di Udine che aveva in accoglienza proprio la famiglia di Enemonzo –. Capiamo che si tratta di una logica di redistribuzione, ma una delle domande che ci poniamo è come mai quando c’era la gente per strada, ed era evidente la necessità di intervenire, non si è fatto nulla? E ora, invece, che tutte le persone hanno una sistemazione in struttura, in linea con i costi dei nuovi appalti, secondo procedure legittime, si interviene così massicciamente per svuotare posti anche se non ci sono liste di attesa per altri ingressi?».

«Ma al di là di questo – prosegue Zenarolla –, noi avevamo suggerito che si trasferissero gli ultimi arrivati, le persone che sono in un centro di primo arrivo e, almeno per quanto riguarda gli adulti singoli, pare che questo criterio sia stato accolto. Non riusciamo però a capire la logica che fa spostare le famiglie con minori. Nel caso della famiglia curdo-irachena di Enemonzo ci è stato detto che nelle Marche c’è un appartamento libero per sette persone. Ma davvero questa è una motivazione plausibile per trasferire un nucleo che aveva iniziato a ricostruire qui il suo futuro? Allontanando queste persone da una comunità che si era attivata per favorirne l’integrazione? Le bambine, ad esempio, avevano appena concluso il Grest insieme ai loro coetanei friulani».

«In passato – aggiunge il Vicedirettore – non abbiamo sostenuto la tesi delle “deportazioni illegali”, ma ora davvero siamo davanti a scelte del tutto arbitrarie agite sulla pelle delle persone che vengono trattate come pacchi postali. Sono invece soggetti che vanno tutelati in tutti i modi. Non c’è che dire, il clima è davvero cambiato, da parte della Prefettura è venuto meno anche il confronto».

Varrebbe la pena ricordare che si tratta di vite che erano appena ricominciate dopo fughe dolorose e violente dai propri Paesi. E invece stamattina i funzionari della Prefettura davanti a quella famiglia spaesata e impaurita avevano in un primo tempo negato di caricare sulla corriera le proprie valige. «Tanto vi ricompreremo tutto laggiù» è stata la motivazione. Solo grazie alla preziosa insistenza degli operatori e al buon cuore dell’autista alcune delle valige sono salite a bordo, soprattutto quelle con i pochi oggetti cari alle cinque sorelline, briciole di normalità a cui aggrapparsi.

«Interrompere un percorso di integrazione – spiega Manuela Pontoni, psicologa e psicoterapeuta che da tempo lavora con i profughi – è deleterio per chi ha un vissuto pesante come quello dei richiedenti asilo. Pensiamo solo alle situazioni da cui sono fuggiti e alle violenze che hanno subito nei mesi di viaggio verso l’Europa. Uno studio di Medici Senza Frontiere («Traumi ignorati», ndr), evidenzia come il 60% dei richiedenti asilo “intervistati” abbia mostrato problematiche di salute mentale, in gran parte dovute a traumi. La mia esperienza lo conferma, dietro a ansia e depressione c’è sempre una storia di trauma. Così vedere che si fanno tre passi avanti e poi cinque indietro, come appunto è nel caso di un trasferimento immotivato, smuove nuovamente questo meccanismo, soprattutto se, come nella maggioranza dei casi, non c’è stato adeguato aiuto psicologico».

«A preoccupare – conclude Pontoni – sono soprattutto i bambini perché non hanno ancora sviluppato una capacità di resilienza. Cosa fanno allora? Guardano nelle emozioni, negli occhi dei loro genitori o dell’adulto che è con loro, per capire se quello che sta succedendo è bello o brutto. E non penso che tutti abbiano la fortuna di avere accanto a sé un Roberto Benigni che, come nel film la “La vita è bella” riesce a trasformare la tragedia in un gioco».

Anna Piuzzi

www.lavitacattolica.it

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