Homo homini lupus – Distanziamento sociale

Articolo di Stefano Mentil, Centro Documentazione Pace e Mondialità

distanziamento sociale

Alle volte sembra che l’ambiguità di certe espressioni non sia casuale. Infatti l’espressione “distanziamento sociale” è apparsa fin da subito come un ossimoro, che sarebbe stato meglio sostituire con distanziamento fisico. Ma il contesto emergenziale in cui è emersa era poco propenso ad accontentare i gusti raffinati dei puristi della lingua.

Tuttavia sono convinto che la forma sia sostanza e che le parole esprimano molto più di quello che appare, non solo per chi le ascolta bensì anche per chi le pronuncia. Quasi che siano dotate di una sorta di potere predittivo.

Difatti il distanziamento sociale si è avverato. Ma non solo quello finalizzato ad evitare il proliferare del virus. Parlo di quello provocato dal virus stesso, che ha ampliato la cosiddetta forbice tra quelle che un tempo venivano definite “classi sociali”.

Notizie, rapporti, statistiche e dati sul prolificare delle disuguaglianze letteralmente si sprecano. Non è questa la sede per riferirli. E non saprei nemmeno quali scegliere, tant’è vero che non manca aspetto della vita che non sia stato toccato da tale disgrazia.

Ma è stata davvero una disgrazia? Il virus della disuguaglianza, com’è stato efficacemente definito, è davvero l’inesorabile risultato di un’infelice congiuntura? Siamo, si, sulla stessa barca, come ha ricordato papa Francesco. Ma qualcuno viaggia in prima classe, qualcun altro in terza, altri ancora nel buio delle stive. Pochi sono riusciti ad affrancarsi dalla propria posizione per conquistarne un’altra migliore; moltissimi, invece, sono socialmente retrocessi. Distanziati gli uni dagli altri, sempre più dimentichi di essere fratelli tutti, nel bene e nel male. Soprattutto nel male perché è allora che abbiamo davvero bisogno degli altri.

Il vero nemico è il virus, certo. Ma non c’è solo lui. Come sempre accade, c’è chi ritiene conveniente allinearsi al potente di turno per trarne immondi vantaggi personali. Anche questa volta è stato così. C’è chi ha guadagnato dal fatto che milioni di persone hanno perso la vita, il lavoro, la dignità. Un po’ come quei fascisti che, collaborando con i nazisti, rubarono i beni degli ebrei mandati a morte. Un parassitaggio ancora più fastidioso perché latente, anzi latitante, che fa fare il “lavoro sporco” agli altri, di cui si guarda bene dall’assumersi colpe o responsabilità, per ricavarne il massimo.

Eravamo partiti “bene”, in uno slancio di egualitarismo e di universalismo, perché tutti ci sentivamo toccati allo stesso modo dalla pandemia. A distanza di un anno questi buoni propositi sono già stati frantumati contro il muro di particolarismi nazionali, regionali, individuali. L’uomo è lupo per l’uomo. Alle volte la seconda occorrenza coincide con la prima.

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